Pensavo di aver provato tutti i dolori della vita, anche quelli più atroci.

Mi sbagliavo.

Lunedì 3 febbraio, alle 7.35, è morto mio nonno. Il nonno che è sempre vissuto con me fin dal mio primo giorno di vita. Il nonno che ha combattuto nella Seconda Guerra Mondiale e fu prigioniero degli Inglesi in America. Il nonno aveva l’abitudine di chiamare mia nonna ‘Bimba’ e la mia coniglietta Dolly ‘Paquale’. Il *mio* nonno, che ora non c’è più.

Domenica sentivo che c’era qualcosa che non andava. Ma io avevo fiducia, in fondo non era la prima volta che mio nonno stava male. Molte volte era stato sul punto di lasciarci. Ma ogni volta era riuscito ad andare avanti, a recuperare miracolosamente. Questa volta no.

Mi ero appena svegliata, ho sentito un mormorìo di dolore nell’altra stanza, e subito ero nella sua stanza. Era appena spirato. Non volendo credere che fosse vero, cominciai a scuoterlo, mentre la nonna mi mormorava che se ne era andato. Urlai con la disperazione nel cuore il nome di mia mamma, che accorse dopo pochi secondi. Niente da fare. Ci aveva lasciato. Mi aveva lasciato. E solo ora ho capito che ho perso uno dei perni fondamentali della mia vita.

Non ho più lacrime, le ho finite tutte ieri al funerale. Non ho più la forza di disperarmi, di lottare contro mio zio e mio padre che mi prendevano a forza, ieri, per evitarmi di vedere mio nonno che veniva messo nella bara. Non ho più la forza di incontrare tutta quella gente che ieri mi faceva le condoglianze.

La vita continua. Gli altri sono tornati nelle proprie case, al loro lavoro, alla loro vita. Proverò anch’io, a farlo. Ma nel frattempo, siamo rimasti qui, a guardare la televisione che non verrà più accesa. A ricordare il nonno, a cercare di non dimenticarlo. Perchè ci ha insegnato un modello di vita. Ci ha *donato* un modello di vita. E noi eravamo così distratti al punto tale che non ce ne eravamo neanche accorti. Grazie Nonno. Grazie di cuore.